Intervista a Maria Leone

Maria Leone, architetto, racconta come nasce BelovedNapoli

Che studi hai fatto?

Sono una maestra laureata in architettura.

Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazza?

Ho sempre amato i giochi in cui ci si sporcava le mani, dunque forbici e colla da piccola, paste modellabili e cartapesta da ragazzina.

Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?

Per necessità o scelta mi sono trovata a fare tanti tipi di lavoro molto diversi e questo mi ha dato modo di capire che ciò che accade ha sempre diverse chiavi di lettura a seconda della prospettiva da cui si guarda. Lavorare in ambiti tanto diversi mi ha dato l’occasione per conoscere meglio il mio carattere e le mie insicurezze.

Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?

Il libro che ho riletto più volte in assoluto e che rileggerei ancora è Confessioni di una maschera di Yukio Mishima. Oggi con rammarico mi rendo conto di leggere solo manuali per concorsi. La musica è la mia seconda passione – sono una ragazza degli anni ottanta – e se proprio dovessi scegliere un brano dalle mie infinite playlist sarebbe Just like heaven dei Cure.

Possiedi un gatto o un cane? Vuoi raccontarci il rapporto che hai con lui?

Da tre anni abbiamo una cagnolina che ci ha letteralmente rubato il cuore: è Daria, una biondina con la quale i precedenti padroni non sono stati molto gentili, assai ansiosa, gelosa dei suoi affetti ed amante della casa. Un po’ come me.

Quali sono per te i film che dovrebbe vedere un fotografo?

I film in cui la fotografia è curata da Vittorio Storaro, magari quelli di Bertolucci.

Come ti sei avvicinata alla fotografia?

Ho scoperto la fotografia da molto poco durante un periodo non felice. Ho cominciato a fotografare il percorso che facevo tutti i giorni per andare al lavoro e mi è successa una cosa strana: quella azione mi consentiva in qualche modo di ricordarmi che la vita va avanti anche in caso di pioggia, di difendere in ogni modo il mio quotidiano. Da allora non posso più farne a meno.

Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Dopo aver visto un documentario su Annie Leibovitz sono rimasta folgorata dal suo immaginario e da allora è diventata uno dei miei riferimenti in assoluto. Inoltre, dal momento che adoro coccolare l’adolescente che è in me che avrebbe voluto tanto fare la regista di videoclip negli anni ’80, non riesco ad immaginare una fotografia senza una colonna sonora: David Bowie, The Cure, Depeche Mode, Morrisey sono gli artisti che mi ispirano sempre e comunque.

Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?

L’idea è quella di esprimere uno stato d’animo che chi guarda la foto può fare suo.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

Al PAM proporrò BelovedNapoli, una serie di collages digitali realizzati utilizzando delle mie fotografie in cui edifici e monumenti sono ‘invasi’ da ritagli virtuali di fiori e piante. Il mio intento è quello di stimolare la fantasia di chi guarda l’opera proponendo scenari diversi, originali, che valorizzino la bellezza di questa città e la facciano uscire dal solito clichè Vesuvio-Pizza-Mandolino di cui è vittima. Napoli è molto, molto di più.

Cos’è per te la bellezza?

In generale, credo che ciò che è bello debba dare emozione, intesa nelle sue accezioni positiva e negativa. E comunque God is in the details, come diceva Mies van der Rohe: come dargli torto?

Arte e fotografia. Secondo te qual è il confine, se c’è, nella fotografia affinché possa essere considerata arte.

Credo che la fotografia diventi arte quando riesce a mostrare visioni diverse del soggetto che ritrae, fornendo così nuovi punti di vista e spunti di riflessione al fruitore.

Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?

Gabriele Basilico perché rappresenta per me il fotografo di architettura per eccellenza, starei ore a studiare le sue fotografie, in particolare quelle che ritraggono le periferie.

Robert Doisneau per la modernità dei suoi scatti.

Annie Leibovitz per l’intensità delle atmosfere e per i suoi ritratti.

David Bowie, a prescindere.

Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?

Basta Vesuvio, niente pizza e spaghetti o Funiculì Funiculà: Napoli non è solo questo e chi compra un mio lavoro ne deve esserne consapevole. L’acquirente tipo, dunque, è un soggetto – napoletano o turista – che ama profondamente questa città e la sua tradizione ma è alla ricerca di nuovi stimoli all’immaginazione, nuovi scenari da scoprire ed amare. Comunque, sin da quando ero piccola, Pulcinella mi ha sempre fatto un po’ impressione.

Cos’è per te il PAM?

E’ un’occasione per imparare, conoscere e farsi conoscere.