Mauro Palumbo, uno speleologo che fotografa luoghi inaccessibili
Che studi hai fatto?
Non ho mai avuto un ottimo rapporto con la scuola, per questo motivo ho potuto provare diversi indirizzi di studio… Liceo classico, scientifico, linguistico, per poi diplomarmi ad un istituto professionale. Successivamente ho potuto dedicarmi incessantemente alla formazione professionale seguendo numerosi corsi e fino a diventare io stesso istruttore in alcuni casi. Ad esempio ho conseguito la patente di saldatore e di frigorista. Inoltre ho preso tutte le abilitazioni per il lavoro in spazi confinati, per il lavoro in quota con le corde su alberi e su strutture naturali ed artificiali, attività di cui sono diventato istruttore per conto della scuola edile di Napoli e Caserta.
Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazzo?
Sono cresciuto in una casa con un grande giardino anche se ero nel centro della città. Il mio primo pensiero da bimbo, appena tornato da scuola, era correre all’aperto a giocare con gatti ed altalene e poi da ragazzo i miei “giochi” divennero trapani, saldatrici e simili; infatti, mentre i miei coetanei andavano a giocare a calcio oppure con i videogiochi, io impiegavo il mio tempo libero costruendo porte blindate, cancelli ed installando condizionatori e facendo impianti elettrici ad amici e parenti.
Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?
Sicuramente la mia capacità di costruire ed aggiustare qualunque cosa ha inciso sul mio carattere. Successivamente, nel periodo post-adolescenza, l’alpinismo e la speleologia mi hanno segnato ulteriormente e, aggiungerei, positivamente. Il rapporto tra queste due discipline, (o sport, che dir si voglia) e la terra e la natura è molto forte e porta a momenti di solitudine e riflessione che inevitabilmente plasmano i caratteri.
Credi di aver subito qualche tipo di trauma, nel bene o nel male, che ti ha portato ad intendere la fotografia in un certo modo?
Non credo, vivo la fotografia come un modo di comunicare diverso da altri semplicemente a causa della timidezza che fa parte del mio carattere e che mi porta ad utilizzare di meno altri metodi comunicativi.
Quali libri leggevi da ragazzo e quali oggi? Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?
Da ragazzo non leggevo volentieri libri, quelli che leggevo erano quasi sempre imposti dalla scuola. Successivamente, in età adulta, ho iniziato a leggere molto. Principalmente leggo libri sulla fotografia e libri storici. Libri o canzoni che hanno cambiato la mia vita non ne ricordo, ma sicuramente ogni testo letto trasforma un pezzettino del carattere in maniera subliminale.
Possiedi un gatto o un cane? Vuoi raccontarci il rapporto che hai con lui?
Ho sempre amato tutti gli animali, anche quelli più inconsueti. Il mio animale preferito rimane il gatto. Non credo che si possa “possedere” un gatto. Piuttosto penso che ci si possa convivere facendo un pezzo di strada della vita insieme. Nel passato sono arrivato a convivere con anche quattro gatti in casa. Oggi siamo solo io ed il mio soriano rosso che si chiama Giorgio. Il rapporto con lui è davvero difficile da spiegare, mi sentirei di dire che solo chi ha vissuto con un gatto può capire cosa significhi.
Quali sono per te i film che dovrebbe vedere un fotografo?
Non mi sento in grado di consigliare un film fotografico in particolare, non ho molta esperienza in merito. Credo però che qualunque film può essere visto prestando maggiore attenzione alla “fotografia” e si possono prendere numerosi spunti dagli schemi delle luci e dalle inquadrature che nel caso dei grandi registi, sono spesso interessantissimi. Consiglierei quindi ad un fotografo (che non lo abbia già fatto) di vedere nuovamente un film già visto concentrandosi unicamente su luci e composizioni.
Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Da piccolo, un giorno, diedi una mano a mio padre ad appendere in casa una serie di stampe di Man Ray che aveva comprato. Lui grande appassionato di fotografia e fotografo dilettante a sua volta, non mi ha mai trasmesso questa passione. Successivamente verso i 18 anni ho iniziato a frequentare lo studio di stampa e colorazione manuale dei miei zii. Con la passione per la speleologia, poi, ho cominciato a sentire l’esigenza di portare fuori dal buio quei luoghi che potevo vedere solo io ed altri pochissimi.
Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Non ho mai preso tutti i miei spunti da un unico artista, preferisco “rubare” soltanto alcuni dettagli che mi piacciono da ciascun fotografo che apprezzo. Tuttavia una persona che in qualche modo mi ha sempre affascinato carismaticamente e fotograficamente è Sergio Siano. Ho sempre pensato che in qualche modo le sue immagini abbiano in parte influenzato il mio modo di scattare. Comunque credo che Walter Bonatti sia un riferimento per tutti quelli che coniugano passione per le scalate e la fotografia.
Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?
Questa è una domanda che mi pongo spesso. Resta ancora indefinita la risposta. Magari la risposta è in chi osserva.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
Per adesso sono concentrato sulla fotografia dei luoghi normalmente inaccessibili e che solitamente io riesco a raggiungere grazie al mio lavoro di speleologo e rocciatore. Nonostante ciò ho comunque molte altre idee che a breve vorrei mettere in pratica trasformandoli in progetti fotografici.
Cos’è per te la bellezza?
La bellezza è la caratteristica di un qualcosa o di un qualcuno capace di suscitare un sentimento, un’emozione.
Arte e fotografia. Secondo te qual è il confine, se c’è, nella fotografia affinché possa essere considerata arte.
Credo che la fotografia possa sicuramente essere considerata arte. Come tanti altri tipi di arte, però, penso che la si possa considerare tale soltanto se fatta consapevolmente e anche in maniera ragionevole. Non penso che un’opera debba per forza essere compresa da chiunque per essere definita arte.
Descrivi un mondo migliore.
Un mondo governato dai gatti. Sarebbe di certo un mondo nel caos, ma sicuramente un caos migliore.
C’è qualche fotografo o una fotografia in particolare che vorresti raccontare?
No, preferisco raccontare qualcosa con le mie foto, mi piace pensare che le foto debbano raccontare a chi le guarda soltanto emozioni e fatti con la compartecipazione della propria mente.
Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?
Nel tempo ho approfondito la passione di mio padre per Man Ray e devo dire che esercita un certo fascino anche su di me. Il motivo principale è sicuramente che era uno sperimentatore in un momento storico dove la sperimentazione era fondamentale.
Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?
Credo che sia una persona che non si ferma alle viste frontali, quelle scontate, ma che vuol vedere “dietro” le cose apprezzando il mondo da prospettive e punti di vista insoliti, cosi come ho la fortuna di vederli io.
Cos’è per te il PAM?
Mah, per questa domanda mi rifaccio a Man Ray; è una sperimentazione?!? In un momento storico durante il quale la fotografia stampata non ha valore per una enorme quantità di persone credo che sia d’obbligo un tentativo simile. Lo apprezzo molto.
Lo scatto della foto di copertina è di Marco Ruocco