Intervista a Raffaele De Santis

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La sublimazione della bellezza in quel magico equilibrio invisibile.

Che studi hai fatto?

Ho conseguito il diploma di perito chimico, ma mentre frequentavo la scuola ho capito che il mio  interesse era rivolto ad  altro e quindi ho iniziato a studiare chitarra sino al conseguimento del diploma di 5° anno, come privatista , presso il Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli.

Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazzo?

Leggevo fumetti e giocavo con i soldatini. Poi, sono passato a giochi di società tipo Risiko.

Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?

Il motto di mia madre era “ non preoccuparti”… questo mi ha dato serenità e tranquillità.

Ultimo di cinque figli, sono cresciuto in un ambiente movimentato, ero la mascotte della famiglia.

In casa, la musica era sempre presente così come libri e fumetti.

Ho scelto sempre “amicizie” che potessero insegnarmi qualcosa:  il Rock, l’arte moderna, il cinema e la fotografia.

Credi di aver subito qualche tipo di trauma, nel bene o nel male, che ti ha portato ad intendere la fotografia in un certo modo?

Nessun trauma, solo una grande curiosità e tanta voglia di creare. Questo mi ha spinto a non fermarmi mai alle apparenze, ma ho cercato sempre di vedere oltre.

Quali libri leggevi da ragazzo e quali oggi? Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?

Dopo un’infanzia tra fumetti e Salgari, ho scoperto Beckett, Bulgakov, Baricco.

La musica mi ha cambiato la vita. Il  rock e le sue infinite possibilità espressive mi hanno aperto una finestra verso nuovi mondi. Scoprire che con passione si può imparare ad apprezzare una musica più complessa,  cambia il modo di vedere, capisci che dire “mi piace” dipende dal proprio background, e questo non solo per la musica, ma per tutte le arti.

Adoro la musica non ovvia, quella che sorprende: King Crimson, Frank Zappa, Bjork, Radiohead, Peter Gabriel.

Allo stesso modo amo chi riesce a comporre ballate semplici ma intense: Ivano Fossati, Fabrizio De André, Beirut.

Possiedi un gatto o un cane? Vuoi raccontarci il rapporto che hai con lui?

Non ho mai vissuto con animali e questo non mi ha aiutato ad avere un buon rapporto con loro.

Quali sono per te i film che dovrebbe vedere un fotografo?

Wes Anderson e Wim Wenders hanno realizzato film in cui sembra di viaggiare con l’occhio nel mirino.

Vedere Gran Budapest Hotel è un viaggio in una dimensione interiore in cui le scene sembrano costruite per   essere fotografate.

Pensi che nella tua ricerca visiva ci sia

La valorizzazione dell’invisibile.

Come ti sei avvicinato alla fotografia?

Da sempre in casa mia sono state presenti una chitarra ed una macchina fotografica. Suonare e fotografare sono state azioni naturali.

Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Non ho mai avuto idoli, in nessun campo. Apprezzo molto i lavori fotografici di Ghirri e Giacomelli.

Trovo che dalle opere di Kandinsky e Frank Zappa ci sia molto da imparare.

Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?

Trovo che intorno a noi, nella vita di tutti i giorni,  il mondo ci mostri capolavori, a volte creati dall’uomo, a volte dalla natura e a volte dal caso. Cerco di mostrare quello che nella mia mente emerge in figura dal comune paesaggio, quello che la fantasia distilla nel giornaliero percorso. 

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

Ad una lettura portfolio,  un famoso lettore disse che le mie foto erano capaci di “sublimare”, conferire bellezza a scene ed oggetti che passano normalmente inosservate.  Mi auguro di continuare questo processo di “sublimazione”.

Cos’è per te la bellezza?

Mi capita spesso di fermarmi per un attimo e perdermi dinanzi a qualcosa che trovo perfetto, armonico: un paesaggio, un muro, una scena di vita quotidiana, un opera d’arte, una parola all’interno di una canzone.

Accade così, improvvisamente, sembra che l’universo trovi per un attimo un equilibrio. L’arte è armonia, equilibrio, semplice o complesso che sia.

Arte e fotografia. Secondo te qual è il confine, se c’è, nella fotografia affinché possa essere considerata arte.

Il confine è lo stesso che vale per tutte le arti. L’opera deve trasmettere un messaggio e/o un sentimento, e lo deve fare con uno stile unico, personale dell’artista. L’arte deve sorprendere senza effetti speciali… semplice ma mai banale.

Descrivi un mondo migliore.

Un mondo in cui tutti hanno occhi per vedere “la bellezza”. Un mondo in cui prevale il noi rispetto all’io.

C’è qualche fotografo o una fotografia in particolare che vorresti raccontare?

Mi piacciono le fotografie dove prevalgono il vuoto ed il bianco: Ghirri, Giacomelli, Wenders.

Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?

Ghirri, Giacomelli, Wenders per le ragioni già dette.

Kandinsky oltre che per la bellezza delle opere per aver provato a dare un senso alla sua arte. I suoi scritti sono fantastici e chiunque si avvicina all’arte dovrebbe leggerli.

Frank Zappa è stato capace di rendere il Rock universale con scritture che vanno dal pop alla musica classica contemporanea passando attraverso ogni genere senza perdere mai di originalità e ironia.

Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?

Chi ha occhi per vedere “la bellezza”.

Cos’è per te il PAM?

Un incontro di persone accomunate dalla voglia di generare bellezza.

La foto di copertina è di Filippo Tufano