Intervista a Sergio Morra

Intervista Sergio Morra PAM - Photo Art Market

“Polline” è la ricerca fotografica di Sergio Morra che comunica il suo rapporto con l’ambiente

Che studi hai fatto?

Ho frequentato un istituto tecnico industriale per poi deviare verso lingue e letterature straniere all’università. Corso che poi non ho mai concluso.

Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazzo?

Tra il gioco e l’avventura, ho sempre amato girare in bicicletta

Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?

Decisamente le relazioni d’amore, quelle malate, possessive, iniziate male e finite peggio.

Credi di aver subito qualche tipo di trauma, nel bene o nel male, che ti ha portato ad intendere la fotografia in un certo modo?

Non direi, ma sicuramente è stata una scusa che ho usato spesso per estraniarmi.

Quali libri leggevi da ragazzo e quali oggi? Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?

Non sono mai stato un grande lettore ma tra tutti ho sempre preferito racconti e romanzi di avventura e saggi di psicologia. Un libro che mi ha cambiato la vita è “Un altro giro di giostra” di Terzani. Una canzone non potrei dirla ma sicuramente la musica ha governato la mia vita fin da bambino.

Pensi che nella tua ricerca visiva ci sia

Il tentativo di alterare la realtà, la ricerca dei contrasti, una smania di avvicinarmi alle mie idee.

Come ti sei avvicinato alla fotografia?

Mi sono avvicinato alla fotografia più per gioco, per scoperta. Anche un po’ per noia.

Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?


Per polline, André Kertész ha inaspettatamente acceso il faro per illuminare i primi passi.

Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?

Non posso argomentare con una tematica perché il tema è in continua evoluzione al momento. Invece è la necessità di espressione in sé che mi si manifesta e mi chiede qualunque mezzo pur di espandersi. La fotografia ne è uno.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

Ho imparato che ciò che più mi diverte della fotografia è avere il potere di falsificare la realtà.

Cos’è per te la bellezza?

La bellezza per me ha a che fare con la sensibilità, con gli equilibri, col silenzio. Qualità umane ma anche estetiche che in entrambi i casi lasciano lo spazio per avvicinarsi, toccare e interagire.

Arte e fotografia. Secondo te qual è il confine, se c’è, nella fotografia affinché possa essere considerata arte.

L’arte… credo che sia qualcosa che abbia a che fare col giocare e con lo smuovere gli animi delle persone. Ragione per la quale mi viene da dire che l’arte possa essere in qualsiasi cosa in cui l’uomo possa mettere le mani.

Descrivi un mondo migliore.

Un mondo in cui si viva lentamente e con molte meno persone.

Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?

Maria Lai per la sua sensibilità e capacità di tramutare i sentimenti in materia;
 Guido Harari per la sua capacità ritrattistica;
 Erwitt per il suo occhio spiritoso; Bresson per essere stato scuola.


Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?

Credo molto nell’artigianato, nella compravendita faccia a faccia. Credo che chi si esponga a questo genere di acquisti sia una persona simile a me sotto certi aspetti. Sicuramente curiosa, interessata alle storie della gente e con una sensibilità che gli permetta di rivedere sé stessa in queste.

Cos’è per te il PAM?

E’ una opportunità per mettermi in gioco direttamente e guardare le facce entusiaste o inorridite delle persone, alla vista dei miei lavori.

La foto di copertina è di Valeria Laureano