Intervista a Vito Lisi

Vito Lisi intervista PAM Photo Art Market

La ricerca della perfezione estetica di Vito Lisi, tra Franco Fontana, Hopper e…

Che studi hai fatto?

Ho studiato fotografia all’Istituto Europeo di Design a Roma negli anni 1984 e 1985 e poco dopo, dal 1986 al 1988, grafica e fotografia pubblicitaria alla Regione Campania risultando il migliore del corso.

Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazzo?

Ero, e lo sono ancora, un collezionista di modelli di automobiline e con queste giocavo facendole muovere nelle vie di una città costruita da me con mollette dei panni e “pezzi di costruzione” (mattoncini della Plastic City).

Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?

Guardando i programmi televisivi degli anni ’60-‘70 ho capito la comunicazione e la composizione di una immagine, l’importanza di gustare una inquadratura “pulita” e ben bilanciata. L’aver cominciato ad ascoltare musica pop e rock già all’età di dodici anni. Maneggiare fotografie da piccolo mi ha portato a stimare questa forma di arte. La bicicletta, dalla quale non scendevo mai, e il camminare mi hanno insegnato ad apprezzare la libertà e a scoprire nuovi luoghi.

Credi di aver subito qualche tipo di trauma, nel bene o nel male, che ti ha portato ad intendere la fotografia in un certo modo?

Sono sempre stato preciso, pignolo e ordinato (solo in alcune cose). Cercavo, disegnandole, geometrie, linee e spazi. Gli oggetti che mi capitavano davanti agli occhi li “spostavo con la mente” posizionandoli in modo che potessero riempire gli spazi vuoti; sul piano, così come nello spazio, tutto diventava ordinato in maniera maniacale e ossessiva come un pattern. Disegnavo in scala le planimetrie delle case degli amici e dei parenti. Nelle mie fotografie c’è tutto questo: geometria, spazi, linee, prospettiva, terza dimensione, composizione.

Quali libri leggevi da ragazzo e quali oggi? Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?

Già prima di iniziare la scuola riuscivo a leggere e scrivere e questo mi ha permesso di leggere “Le avventure di Pinocchio”. Da ragazzo leggevo qualche libro di narrativa (ma non molti); da adulto preferisco libri di viaggi e ovviamente fotografici.

Credo che nessuna canzone sia riuscita a cambiarmi la vita, ma sicuramente alcune la hanno influenzata abbastanza: “Smoke on the water” dei Deep Purple, “Trans Europe Express” dei Kraftwerk, “Close to me” dei The Cure (la registrai dieci volte consecutivamente su una cassetta per ascoltarla in continuazione senza dover tornare indietro), ma anche (vi sembrerà strano) i brani di jazz e quelli del rock romantico dei Genesis. Lo strumento che preferisco è la batteria.

Quali sono per te i film che dovrebbe vedere un fotografo?

Koyaanisqatsi. È un film sperimentale del 1982 del regista Godfrey Reggio.

Koyaanisqatsi, nella lingua amerinda Hopi significa vita folle. Il film-doc conduce, per chi lo guarda, in un viaggio che inizia con immagini di natura per poi passare a raccontare il progresso. Le sequenze sono rallentate o accelerate rispetto alla realtà. Il ritmo è frenetico e persistente. La bellissima colonna sonora è martellante e paranoica. L’utilizzo delle focali è perfetto rendendo le inquadrature molto gradevoli per la loro composizione geometrica.

Pensi che nella tua ricerca visiva ci sia

Fantasia, allegria, magia, mistero, curiosità…

Come ti sei avvicinato alla fotografia?

Da piccolo guardavo le foto nelle vetrine, gli album con le immagini dei familiari, libri fotografici e il risultato era sempre lo stesso: puro piacere! A 15 anni, cominciai a scattare foto con la macchina di mio padre. Poi scoprii che potevo sviluppare i rullini e stampare le mie foto e tutti i miei bianconero vedevano la luce nel bagno di casa.

Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Franco Fontana cultore dell’espressione astratta del colore proprio mentre l’astrattismo in fotografia era esclusivo del bianco e nero. Le sue fotografie sono esaltate da cromatismi e geometrie.
Mi piace come Fulvio Roiter colloca i soggetti fotografati (persone o cose) privilegiando rigorosamente le forme nella composizione. Mi piace come riesca a dare un senso “tridimensionale” alle sue immagini dando una forte profondità.
Henri Cartier Bresson, “l’occhio del secolo” fotogiornalista e teorico dell’istante decisivo. Sua particolarità era stampare le fotografie con un bordino nero del negativo per comunicare che la foto non era stata croppata in fase di stampa.
Tutti loro hanno contribuito a formarmi fotograficamente con i consigli nascosti nelle loro fotografie.

Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?

Colgo quello che vedono i miei occhi e lo fermo sulla pellicola (sensore) per esprimere la sorpresa che ho provato.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

I colori sono sempre stati la mia passione e sono sempre stato attratto dalla geometria. Da piccolo mi piaceva disegnare le bandiere nazionali degli stati del mondo. Lo facevo con precisione usando matita, righello e pennarelli. E anche molti altri dei miei disegni raffiguravano forme geometriche colorate. Ho scoperto che potevo portare questo mio vedere nella fotografia. Oggi non uso più pennarelli e righelli, ma macchine fotografiche e obiettivi. C’è analogia tra i disegni e le fotografie ma anche qualche differenza. All’epoca quei quaderni disegnati rimanevano a me e non li guardava nessuno, ora le fotografie le mostro a tutti.

Cos’è per te la bellezza?

La bellezza non si vede, non si sente, non si gusta, non si tocca, non si odora. Si percepisce, si distingue, si intuisce, si avverte. La bellezza è equilibrio, è geometria, è composizione, è grafica, è colore.

Descrivi un mondo migliore.

Ho visto troppi Star Trek per riuscire a descriverlo.

C’è qualche fotografo o una fotografia in particolare che vorresti raccontare?

Nella fotografia “Puglia” di Franco Fontana c’è tutto quello che cerco: colori, geometrie, spazi, prospettiva, linee, composizione.

Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?

Non mi sono ispirato a loro, ma quando li ho incontrati e conosciuti, mi sono accorto che le mie fotografie hanno preso spunto involontariamente dalle loro opere.                                                                                                                          Edward Hopper pittore statunitense del secolo scorso appartenente alla corrente del realismo americano è famoso per i suoi ritratti della solitudine. Nei suoi quadri utilizza composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti tanto che molti fotografi e registi cinematografici si sono ispirati al suo stile. Nelle sue opere troviamo riprodotte strade di città, architetture, interni di abitazioni o uffici rappresentati sempre con colori brillanti; la composizione nei suoi quadri è ricca di geometrie e gli spazi sono reali, illuminati da un gioco di luci fredde e taglienti. Antoni Gaudì architetto spagnolo esponente del modernismo catalano fu definito il plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro. Nelle sue costruzioni si nota l’assenza della geometria euclidea, adottata da tutti gli architetti suoi contemporanei, a favore di elementi decorativi con forme curve e non spigolose che ricordano la natura: alberi, foglie, nuvole, montagne e perfino forme umane e animali. Maurits Cornelis Escher grafico e disegnatore olandese è conosciuto per le sue opere note come “mondi impossibili”. Riesce, nei suoi disegni, a fondere in un equilibrio ritmico due mondi lontanissimi tra loro: arte e matematica. Ci riesce attraverso illusioni ottiche di vario tipo che sono una sfida alla percezione e nascondono formule matematiche, teoremi geometrici e paradossi della logica. Nelle sue opere sono sempre presenti simmetria e regolarità ma anche relatività, ordine e caos, inganno della terza dimensione, bellezza delle figure regolari, metamorfosi delle forme, gioco dei riflessi su superfici tonde, illusione di spazi senza fine.

Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?

Chiunque: il turista, il curioso, il fotografo, l’albergatore, il negoziante, l’amico, il collezionista, il libero professionista, il commerciante, l’artista, il pittore, il pensionato, il navigatore, lo scalatore, l’attore, il ricco, l’extraterrestre… femmina o maschio che sia.

Cos’è per te il PAM?

Un modo per mostrare le mie fotografie a chi vuole conoscere i miei lavori; un’occasione per poter parlare con il pubblico, sentire le loro critiche e apprezzamenti, raccontare come sono nate le mie fotografie; un modo per far arrivare le mie foto sui muri delle loro case e dei loro uffici.

La foto di copertina è di Massimo Buonaiuto