Intervista a Massimiliano Giuliani

intervista Massimiliano Giuliani

Massimiliano Giuliani racconta la sua passione per i viaggi e per il fantastico

Che studi hai fatto?

Diploma di Maturità Classica e un paio di anni di Giurisprudenza ma ho abbandonato in quanto i testi e le leggi che ho studiato rimandavano sempre ad altre leggi, ad altre leggi, ad altre leggi, fino a perdersi nel marasma legislativo-giuridico ed ho detto “basta, non fa per me!”

Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazzo?

Prima i soldatini, le astronavi, Goldrake. Poi ho cominciato a fare io i soldatini con lo stagno. Da ragazzino andavo a giocare a cowboy e indiani con gli amichetti nel cortile del palazzo o a calcio, a fare le gare con i tappi delle bottiglie riempiti di cera. Uno spasso!

Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?

Un viaggio con la famiglia sul Monte Bianco all’età di 10 anni, e da allora la cosa che mi piace di più è appunto viaggiare. Tanto che per il viaggio di nozze quasi imposi alla mia imminente moglie di andare a Capo Nord in motocicletta!

Credi di aver subito qualche tipo di trauma, nel bene o nel male, che ti ha portato ad intendere la fotografia in un certo modo?

No, nessun trauma. Piuttosto una crescita fotografica al di fuori degli schemi senza troppe regole.

Quali libri leggevi da ragazzo e quali oggi? Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?

Tutti quelli di Salgari, Verne, King ed Asimov perché mi piacevano e piacciono le storie avventurose e fantastiche. Oggi di più Pino Aprile, Jeremy Rifkin, romanzi ed altro sia per andare più a fondo dei problemi del mondo che per rilassarmi un po’. Più che una canzone mi ha cambiato la vita un album, The Wall dei Pink Floyd. Quando lo sentii la prima volta rimasi affascinato dalla musica, poi mi studiai la storia che raccontava e capii molte cose della II Guerra Mondiale.

Possiedi un gatto o un cane? Vuoi raccontarci il rapporto che hai con lui?

Sì ora ho due gatti, da piccolo avevo un barboncino. Il cane era femmina, di nome Arla. Dopo anni che era con noi subì un intervento, non ricordo bene quale, che andò bene ma, dopo qualche mese ebbe una ricaduta e mentre la portavamo dal veterinario in auto, mi morì tra le braccia. Non scorderò mai i suoi occhi che nel momento del trapasso mi guardarono quasi supplicanti, come a dire aiutami, fai qualcosa… ma non potevo fare nulla…

Dopo quell’esperienza provammo a prendere un altro cane, poi un gatto ma era difficile, tanto che mio padre non ne volle più sapere di avere animali in casa e, solo dopo sposato, mia moglie mi ha convinto a prendere prima una gatta e l’anno dopo un’altra.

Quali sono per te i film che dovrebbe vedere un fotografo?

Il sale della terra di Wim Wenders, sulla storia del fotografo Salgado.

Pensi che nella tua ricerca visiva ci sia

Molta calma e tranquillità.

Come ti sei avvicinato alla fotografia?

All’età di 12-13 anni mio padre mi mostrò alcune foto di Napoli da lui scattate in luoghi inaspettati e inusuali, tanto da farmi appassionare, non sapendolo, all’arte visiva. Poi studiai diversi libri sulla fotografia che rileggo ogni tanto tuttora.

Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Ne sono diversi, in particolare forse Dalì e Picasso per le loro opere fuori dal comune o anche Mimmo Jodice di cui seguii un corso di fotografia al Liceo Artistico di Napoli come “infiltrato”.

Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?

La serenità e la bellezza.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

Come ricerca ho cominciato a lavorare con fotografi di cerimonie e devo dire che è una scuola molto valida perché devi essere sempre pronto a scattare cogliendo l’attimo fuggente, devi cercare di essere originale e pronto a risolvere problemi imprevisti sul campo con rapidità.

Cos’è per te la bellezza?

E’ quando una cosa ti piace non sapendo il perché ma sai che sarà difficile distogliere lo sguardo.

Arte e fotografia. Secondo te qual è il confine, se c’è, nella fotografia affinché possa essere considerata arte.

Non c’è un confine, la fotografia è di per sé arte. Ci sono foto che tu consideri arte ed altre no perché a te quella piace e quell’altra no. Ma è tutto soggettivo, come in qualsiasi altra forma di arte.

Descrivi un mondo migliore.

Non è possibile, il mondo migliore puoi trovarlo solo dentro te stesso.

C’è qualche fotografo o una fotografia in particolare che vorresti raccontare?

Una foto di mio padre che mi colpì molto fu quella di una bambola di plastica buttata per strada su un marciapiede tutta sporca e con i vestiti strappati. Ovviamente rigorosamente in bianco e nero. La ricordo bene tutt’oggi perché mi dava una sensazione di abbandono per me ingiustificato.

Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?

Feininger, Adams e altri di cui non ricordo i nomi ma che ho studiato attraverso libri e foto.

Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?

Una persona a cui piace Napoli ed i suoi paesaggi.

Cos’è per te il PAM?

E’ un’occasione per fare conoscere i miei lavori per parlarne con altri fotografi e non, per crescere e migliorare sempre di più. Oltre ad essere un mezzo per guadagnare qualcosa e continuare nelle mie visioni.

La foto di copertina è di Massimo Buonaiuto