Intervista a Mauro Cangemi

Mauro Cangemi è uno dei partecipanti del PAM - Photo Art Market e ci racconta qui alcune tracce del suo percorso artistico e personale

Mauro Cangemi intervista PAM - Photo Art Market

Che studi hai fatto?

Laurea in Architettura

Quali giochi preferivi nell’infanzia e da ragazzo?

Andare in bicicletta e in moto

Quali sono le esperienze personali che credi abbiano definito la tua personalità?

Aver incontrato, in età matura, un umile sacerdote che con parole semplici mi ha parlato della Bellezza, di come cercarla nella vita, negli uomini, nell’arte.

Credi di aver subito qualche tipo di trauma, nel bene o nel male, che ti ha portato ad intendere la fotografia in un certo modo?

No. La fotografia ha accompagnato e accompagna ogni istante della mia vita. È parte di me. Si esprime come la mimica facciale del mio volto; si adatta agli stati d’animo mutevoli.

Quali libri leggevi da ragazzo e quali oggi? Il libro o una canzone che ha cambiato la tua vita?

Ventimila leghe sotto i mari – Jules Verne: gli abissi, l’ignoto, il coraggio del capitan Nemo rapirono immediatamente la mia fantasia. Ricordo di averlo letto in due soli giorni.

Il gabbiano Jonathan Livingston – Richard Bach: in età più matura il romanzo breve di Bach mi ha trasmesso il vero senso della vita: bisogna viverla in pieno ripudiando il pensiero della sopravvivenza.

L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica –Walter Benjamin: la scoperta dell’”Aura” e l’approfondimento del suo risvolto filosofico/psicologico applicato alla fotografia ha maturato in me il concetto di ricerca, senza soluzioni di continuità.

La cura – Battiato: un testo lacerante, intriso di amore e umanità, dolce e amaro, cantato con un filo di voce a timbro roco e commosso. Spesso, mentre fotografavo gli ultimi giorni di vita di mia madre, elaborando il dolore, ho ripercorso ogni parola di quel testo.

Possiedi un gatto o un cane? Vuoi raccontarci il rapporto che hai con lui?

Ho due cani da 13 anni. Due figli, oltre i due naturali. Un amore indescrivibile, biunivoco, universale.

Quali sono per te i film che dovrebbe vedere un fotografo?

La leggenda del pianista sull’oceano – G. Tornatore; Baarìa – G. Tornatore; Il sale della terra – Wim Wenders; 2001: Odissea nello spazio – Stanley Kubrick.

Come ti sei avvicinato alla fotografia?

Osservando mio padre prima, poi mio fratello maggiore mentre scattavano fotografie.

Quali fotografi/artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Ferdinando Scianna: maestro che sento vicino geograficamente; per come gestisce nelle sue opere le ombre amandole e odiandole simultaneamente. Fondamentale per me è stata la sua lezione sul talento.

Francesca Woodmann: il dolore, l’angoscia, la perdizione, il sogno. Anche se cerco di mitigare tali sentimenti nella mia fotografia essi, sovente, traspaiono. Sfociano in una malinconia che adoro, della quale non potrei fare a meno.

Stanley Kubrick; il rigore, la follia, la fotografia di strada. Esempio cementificato nella mia formazione fotografica.

Alex Webb: maestro della fotografia di strada a colori, atipica, ma carica di valenze caratterizzanti il sito.

Dima Zverev: attualmente il fotografo sovietico che maggiormente seguo. Ispiratore della metafisica urbana dei paesi dell’est. Inventiva infinita, magistrale uso della luce e della geometria descrittiva.

Cosa cerchi di cogliere ed esprimere attraverso la fotografia?

Il mio passaggio effimero, gli stati d’animo e soprattutto le mie fobie.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

L’ombra delle figure umane. È tutt’ora l’elemento chiave delle mie composizioni fotografiche. Indecifrabili, non delineate, a volte grigie a volte nero profondo. Sempre misteriose e affascinanti. GrauZONE è la personale ricerca fotografica su tale tema, al quale ho lavorato per circa due anni. Un portfolio di 15 fotografie che racconta in maniera introspettiva e variegata di come la luce, in particolare del mattino o quella del tardo pomeriggio, esalti la profondità e la purezza del “limite decifrabile”oltre il quale risulta impossibile indagare la composizione.

Cos’è per te la bellezza?

Ciò che si lascia percepire ai nostri sensi donando la giusta emozione, secondo la variabilità degli stati d’animo.

Arte e fotografia. Secondo te qual è il confine, se c’è, nella fotografia affinché possa essere considerata arte.

Il confine tra una fotografia e una fotografia d’arte è delineato dal silenzio che io definisco “di risonanza”: l’osservatore si lascia guidare dalla composizione, dai colori, dai grigi, dal soggetto. Comincia ad emozionarsi senza capirne il motivo, senza esprimere alcun giudizio. E torna a guardarla, trovandola sempre più bella, scoprendo nuovi particolari.

Descrivi un mondo migliore.

Il mondo che vorrei per i miei figli dovrebbe essere governato da una politica sana, basata sul rispetto degli esseri viventi e dell’ambiente, sulla equa redistribuzione delle risorse, e gestita da seri organi di controllo. Con tale utopia ho convissuto fino ad oggi.

Nel tuo Pantheon immaginario di artisti o fotografi eccellenti, chi c’è? Perché?

Ci sono stati. Per me e come per tutti i fotografi artisti, assetati di ricerca, essi fanno parte di un database antologico di poco interesse, che ha accompagnato esclusivamente la formazione.

Secondo te chi è il tipo di persona che acquista le tue foto al PAM?

Coloro che sapranno leggere, tra la grana e i pixel delle mie fotografie, il percorso culturale che mi accompagna.

Cos’è per te il PAM?

Un momento fondamentale di approfondimento sull’arte della fotografia; un’opportunità per parlare di essa attraverso le emozioni percepite direttamente dall’osservatore interessato, che forse sceglierà le mie fotografie perché guidato dal suo istinto. Infine, la gratificante possibilità di consegnare al collezionista un’opera esclusiva.

Foto di copertina di Francesca Sciarra